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Amenabar a Roma per "Regression": abbiamo visto il film e scambiato due battute con lui

Giovedì, 19 Novembre 2015 19:07

Classe 1972, Alejandro Amenabar, torna a dirigere un film a sei anni di distanza dal suo ultimo "Agorà". Lo fa con "Regression" dal 3 dicembre al cinema: oggi abbiamo visto il film e incontrato il regista.

Si tratta di un ritorno in tutti i sensi. Un ritorno alla suspanse che lo lanciò nel 1996 con "Tesis" e lo consacrò 5 anni più tardi con "The Others" che gli valse il premio Oscar come miglior film straniero.

LA TRAMA

Bruce Kenner (Ethan Hawke) è il detective che indaga sulle presunte violenze subite dalla giovane Angela (Emma Watson) ad opera  dal padre (David Dencik). Questo quel che denuncia lei. Dietro però pare esserci di più. Sette sataniche ed il coinvolgimento di qualche appartenente alle forze dell'ordine.

Per aiutare il padre di Angela ( che non ha alcun ricordo dell'accaduto) nella ricostruzione di quei momenti, interviene il Dottor Raines (David Thewlis), noto psicologo teorico della ipnosi regressiva.    

L'intervista

 

 

CHE FILM E'?

Amenabar per "Regression" fonde più generi sovvertendo le strutture di ognuno di essi. E' un thiller psicologico, ma anche un giallo e un horror Ethan Hawk movie? "Regression" è tutto questo e altro ancora. Quando Amenabar stava cercando di coinvolgere nel progetto incontrò sulle prime delle diffidenze da parte dell'attore americano, poco incline, sebbene ne abbia girati alcuni di successi, all'horror tout court. Questo film però scardina i meccanismi dell'horror per creare una visione personale dell'autore. Non ci è difficile, dopo aver visto il film, capire perchè abbia strappato il sì del protagonista.

Il personaggio interpretato di Bruce si costruisce e scopre grazie relazioni che intesse con chi lo circonda e nel tratteggiarlo Ethan Hawke dispiega ancora una volta tutte le sue capacità.

E' un film minimale che si rifà volutamente a quelli anni 70 pur essendo ambientato nei 90 in Minnesota. Gioca con i clichè degli horror Alejandro senza esagerare e tutto risulta funzionale alla sua visione.    

"Qualche giorno fa ho letto che secondo Guillermo Del Toro ci sono due tipi di film sul diavolo. Quelli in cui satana viene dall'esterno e quelli in cui viene da dentro di noi. Regression è più in linea con questa seconda opzione. In America c'è una forte influenza delle Chiese Evangeliche ma io volevo che questo aspetto non venisse troppo enfatizzato. Quello che mi piaceva era mostrare come due istituzioni in naturale opposizione come la Chiesa e la Scienza  in realtà collaborano per risolvere questo puzzle".

 

"Quel che ho imparato facendo delle ricerche è quanto i nostri ricordi siano fragili. Se uno ripensa a cose capitate tempo fa, abbiamo tutti la tendenza ad immaginare i nostri ricordi come assolutamente veritieri. Se però li confrontiamo con persone che hanno vissuto con noi gli stessi momenti, ci rendiamo conto che gli eventi sembrano diversi a seconda di come la nostra mente li ha elaborati. Tendiamo a pensare che il cervello funzioni come un piccolo computer, in realtà è come se nella nostra mente esistessero tanti esserini che spostano le nostre esperienze, li aggiustano e li forgiano a seconda dei  nostri desideri e delle nostre paure. In passato devo dire che facevo molto più affidamento ai ricordi di quanto non faccia oggi. C'è un film non molto conosciuto di John Huston,  intitolato "Freud" con Montgomery Clift, che vidi tempo fa. Credo che molti dei temi toccati in quel film siano trattati anche nel mio e devo dire che nello scriverne la sceneggiatura avevo in testa la colonna sonora di quel film".

CONCLUSIONE

Più vedevo il film e più mi attendevo un finale spiazzante alla "The Others". Non voglio spoilerare ma in fondo il film voleva essere altro e metabolizzandolo appena un pò, devo dire che riesce nel suo intento. Da vedere.  

Un servizio di Alessandro Giglio 

 

iL trailer ufficiale