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Virzì torna al cinema con "La Pazza Gioia": recensione e trailer

Martedì, 17 Maggio 2016 10:26

Esce nelle sale italiane il 17 maggio il nuovo film di Paolo Virzì: La Pazza Gioia

L'uscita era prevista per il 3 marzo ma a gennaio arriva una lettera dalla Quinzaine di Cannes a scompaginare i piani per l'anteprima mondiale. La Pazza Gioia di Paolo Virzì noi l'abbiamo visto a Roma prima dei francesi, ma per l'embargo sul film possiamo scrivervene solo da oggi, col film in uscita nelle sale martedì 17 maggio in 400 copie.

Storie di follia e disagio. Amicizie che nascono da incontri fortuiti. Mondi distanti mille miglia che si attraggono e si respingono per tornare ad unirsi come calamite. Ne abbiamo viste tante di storie simili al cinema ed ognuno ha con sè quella del cuore. Quella che Virzì ci racconta e mette in scena insieme all'amica Francesca Archibugi (cosceneggiatrice) rischia di diventarlo per molti di voi che leggete e andrete a vedere al cinema nei prossimi giorni il film: fatelo!

Lunghi applausi ricevuti a Cannes al termine della proiezione, complimenti veri e copiosi quelli registrati all'anteprima romana. Io mi unisco al coro degli entusiasti.

Chiacchierando con il regista scopriamo che la genesi, o almeno il primo abbozzo de "La pazza gioia", nasce con tutta probabilità durante le riprese de "Il Capitale Umano". Virzì aveva ipotizzato un finale diverso per la signora Bernaschi (Valeria Bruni Tedeschi) nella scena in cui Gifuni (suo marito) le dice di raggiungere gli amici che la aspettano.  Voleva che facesse finta di andare al ricevimento e che alla fine decidesse di darsi alla fuga per una scarpata. Era prevista una controfigura e invece Valeria volle farla lei la scena. "Quello è stato il primo ciack di Beatrice ( la protagonista del film di cui vi parlo oggi) con la Bernaschi che aveva perso la zucca e scelto una via di fuga". Sempre su quel set vide le protagoniste de "La Pazza Gioia"per la prima volta insieme. Micaela era arrivata per il compleanno di Paolo e lui le scorse insieme mentre camminavano tenendosi per mano, con Micaela che a suo dire seguiva Valeria con un misto di fiducia e terrore in mezzo al fango.

La trama de "La Pazza Gioia", girando intorno alle due ospiti (Beatrice e Donatella) di una comunità terapeutica per donne con disturbi mentali, vivrà un'ampia  parentesi sulla loro strampalata fuga dalla Villa dove son sottoposte a misure di sicurezza. 

Ancora una volta per il regista livornese sono le donne non virtuose, quelle sbagliate, le escluse  o le stigmatizzate come poco di buono (come la mamma de "La prima cosa bella") il centro della sua indagine. Donne per certi versi buffe e struggenti ma anche comiche. Donne che vanno sotto una lente d'ingrandimento gentile, umana e piena di comprensione per vicinanza di spirito. La relazione affettiva tra le due protagoniste sarà spietata, prepotente e viscerale. C'è tanto dei suoi film precedenti in quest'ultimo episodio di Virzì regista. Così come tanti rimandi e spunti : da "Qualcuno volò sul nido del cuculo"con il suo corollario di pazzia allegra e vitale, ad intere battute "rubate" a Blanche DuBois di "Un Tram Chiamato Desiderio" e donate a Beatrice.

La magia è tutta nel lavoro da perfetti equilibristi svolto dal regista e dalla sua "spalla" Francesca Archibugi. Un pendolo fa oscillare continuamente il film tra comicità e commozione. Battute brillanti,  sagaci e liberatorie, sono cucite addosso soprattutto ad una splendida Valeria Bruni Tedeschi. Parlare di follia senza cadere nel pietismo è impresa tosta, eppure qui ci si riesce a meraviglia. La commozione arriva come una ondata che ti inzuppa. Il vento caldo dell'umorismo gentile ti scalda e asciuga in un lampo. Sembra uno di quei percorsi di benessere delle spa. Caldo, freddo, caldo, freddo e ancora caldo. Dicono che siano un toccasana per il corpo. Quello che mette in scena Virzì è un toccasana per lo spirito.

Non sarebbe lo stesso film se non lo animassero queste due protagoniste. Micaela Ramazzotti devo ammettere che, appena qualche anno fa, non avrei mai immaginato avrebbe toccato certe vette. Magistrale nella sua euforia ragionevole. Non recita, lo vive il film, e da l'idea che la sua sia una vera missione: rendere giustizia alla sua Donatella e insieme a tutte quelle donne che hanno vissuto le stesse vicende. 

Virzì regala una Beatrice adorabile nei suoi vezzi da gran signora, snob e senza freni apparenti. Valeria dice di aver lavorato per sottrazione al suo personaggio e aver mandato in vacanza per un pò il suo Super-Io. Sta di fatto che la sua Beatrice a metà strada tra la già citata Blanche DuBois e la Jeanette "Jasmine" Francis di Blue Jasmine, regala non solo un paio d'ore di gran cinema, ma pure una Bruni Tedeschi bella, affascinante e sensuale con le sue debolezze ed i suoi lampi,  come mai prima d'ora l'avevo vista: che Donna.

Il loro è un viaggio euforico di due che si curano, si prendono per mano e hanno un contatto vero e d'amicizia  che tanti "normali come noi" magari sognano tutta la vita senza trovarlo mai. 

C'è un omaggio a De Andrè nel film. Si tratta della scena della Eucarestia in cui le donne ospiti della Villa cantano l'Ave Maria del cantautore ligure. In fin dei conti proprio come nelle strofe di Fabrizio, "gioia e dolore hanno il confine incerto". Buona visione.

Alessandro Giglio