Stampa questa pagina

"Cenere" al Doppio Teatro, la recensione

Giovedì, 14 Maggio 2015 09:14

"Cenere" regia di Carlo Studercon Carlo Studer e la partecipazione di Marco Martinoore. Doppio Teatro, Via Tunisi, 16 Roma (Metro A Cipro - Ottaviano).

Ogni parola è una goccia di sangue, rossa, lenta agonia che tutto invade, tutto impregna come preghiera fragorosa e vana. Impetra amore questa preghiera, un rosario sgranato, spezzato, incenerito. E il sangue e la cenere si mischiano, un fango esanime su cui nessun dio soffierà il suo alito di vita. L'ultimo atto di chi pensa di amare ma in realtà vive una profonda angoscia interiore che lo tiene ancorato alla persona cara.

Liberamente (molto liberamente) ispirato a "La voce umana" di Jean Cocteau, "Cenere" è un baratro oscuro, una supplica strisciante, noiosa e patetica di chi ha evidenti problemi psicoaffettivi. Lo spettacolo viene messo in scena in maniera del tutto aspettata. La regia è monotona e banale per non parlare del disegno luci, semplice ma a tratti quasi fastidioso, con una tediosa luce rossa che regna su tutta la scena. La recitazione è sicuramente professionale, ma del tutto mono corda, assente di picchi che dovrebbero attirare l'attenzione dello spettatore. L'attore, con una dizione a dir poco scandalosa, non coglie l'essenza del personaggio, ma fa sembrare normale tutta la sua vicenda, quando in realtà non è normale cadere cosi in basso di fronte alla perdita di un presunto amore. La storia è del tutto assente, un uomo parla al telefono con il suo amante lagnandosi perchè non vuole essere lasciato, e per un ora ripete sempre le stesse cose. Personalmente, non ho mai visto uno spettacolo più noioso, privo di contenuti e ripetitivo.