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I dieci migliori momenti sportivi dei primi sei mesi del 2015

Mercoledì, 08 Luglio 2015 10:33

Concluse tutte le nostre trasmissioni sportive, per la pausa estiva, andiamo a ripercorrere questi sei mesi di sport, attraverso i dieci momenti più emozionanti.

10) La gara di salto triplo al meeting di Doha.

Fin dalla notte dei tempi, l'uomo ha cercato di superare i propri limiti, che siano essi tecnologici, scientifici, morali o fisici. Se c'è uno sport che può rappresentare al meglio il concetto di limite, questo è l'atletica. Ai mondiali di Goteborg del 1995, un “signore” di nome Jonathan Edwards, stabiliva uno dei record più incredibili di sempre: 18.29 m nel salto triplo. Un'impresa mostruosa, un limite rimasto inavvicinabile per vent'anni. Il 15 Maggio, al meeting di Doha, il mondo ha cambiato opinione. Pedro Pablo Pichardo, astro nascente dell'atletica mondiale, e Christian Taylor, campione olimpico 2012, hanno dato vita ad una gara storica. Per la prima volta due atleti oltre i 18 metri nella stessa gara: 18.06 Pichardo, 18.04 Taylor. Quello che però ha davvero impressionato negli ultimi mesi è Pichardo. Lo scorso 8 Maggio a L'Avana, il saltatore cubano ha realizzato un 17.93 m, il 15 Maggio il 18.06 m già citato e il 28 Maggio, sempre a L'Avana, si è migliorato ancora, arrivando a 18.08 m. A soli 22 anni, è lui l'uomo da tenere d'occhio ai prossimi mondiali di Pechino, che si terranno dal 22 al 30 Agosto. Perché l'uomo potrebbe superare un altro limite ritenuto invalicabile.

 

9) Gli ultimi dieci minuti di Scozia 19-22 Italia

È l'appuntamento più atteso dell'anno per gli appassionati di rugby: il Sei Nazioni. L'Italia, dopo il cucchiaio di legno del 2014, si presenta giovane, agguerrita e in cerca di riscatto, ma sempre senza una coppia di mediani adeguati e infatti, fin dalla prima giornata, sono dolori. Gli azzurri perdono le prime due con Irlanda e Inghilterra, rispettivamente per 26-3 e 47-17. Si arriva alla terza partita, trasferta in Scozia, la squadra sa che sarà una sfida decisiva. Dobbiamo restituire il cucchiaio di legno agli scozzesi, eppure quest'anno l'Italia sembra una squadra troppo molle, troppo timida, insomma veramente brutta. Pronti, via, la Scozia va sul 10-0 dopo sette minuti. Si preannuncia un'altra giornata nera (come sono state anche le due successive con Francia e Galles), ma quel 28 Febbraio scatta un moto d'orgoglio nei giocatori del c.t. Brunel. L'Italia finalmente reagisce, lotta e chiude il primo tempo sotto di un solo punto, 16-15. Nella ripresa dopo tanti errori su calci piazzati, la Scozia è avanti 19-15 al minuto 70, ma gli Azzurri ora hanno preso residenza nella metà campo scozzese. Siamo in casa loro, nel loro salotto e per dieci interminabili minuti c'è solo una cosa nei loro occhi. Terrore.

 

8) La vittoria di Seppi su Roger Federer all'Australian Open

Se ti chiami Andreas Seppi e stai per compiere 31 anni, probabilmente è tempo di bilanci. La Fortuna non ti ha baciato con il talento dei grandi campioni e probabilmente senti dentro di te che non conquisterai mai un grande torneo. Devi allora ripartire dalle certezze che hai. Che cosa sai di te stesso? Sai di essere stato numero 18 al mondo solo due anni fa. Sai che tra i primi 20 non ci si arriva per caso. Sai di essere un giocatore solido. Sai che quando sei in giornata puoi dare fastidio a chiunque. Lo sai perché in carriera sei riuscito a battere anche Rafa Nadal.

Sei al terzo turno degli Australian Open, è il 23 Gennaio 2015 e ti trovi davanti Lui. Chi mastica tennis sa che per “Lui” si intende solo e soltanto Sua Maestà: Roger Federer. Lo hai incontrato tante volte nel corso degli anni e non sei mai riuscito a batterlo. Troppo forte. Lui ti batte di testa prima ancora di scendere in campo. Sei negli spogliatoi, ti stai preparando e quella domanda che avevi in testa cambia. Che cosa sai di Lui? E l'unica cosa che ti viene in mente è che Lui, in quel momento, è il numero 2. In quel momento, nel mondo, c'è qualcuno più forte di Lui e ti convinci che quel qualcuno, quel numero 1, oggi sei Tu. 6-4, 7-6, 4-6, 7-6, così recita il tabellone a fine partita. Oggi la battaglia contro di Lui l'hai vinta Tu. Oggi puoi permetterti anche un match point da numero 1.

 

7) La classe operaia va in paradiso: gara 3 di Matthew Dellavedova

Sì, è vero, ha vinto Golden State. Sì, è vero, la Storia ricorda i vincitori. Ma quando ci si mette di mezzo un underdog, lo sport assume contorni ancora più epici.

Siamo nelle Finals di NBA. Cleveland ha perso per strada due pezzi importanti come Irving e Love e Dellavedova si è visto catapultare come titolare in una situazione che mai avrebbe immaginato. Gara 1 è andata ai Golden State Warriors e nonostante un LeBron James mostruoso, il destino dei Cleveland Cavaliers sembra segnato. Ma in gara 2 Delly, come lo chiamano, stupisce tutti. Il suo compito è uno solo, limitare in ogni modo l'MVP della regular season, Stephen Curry. E Delly, a dispetto di ogni previsione, ci riesce. La serie è ora in parità, ma il vero miracolo sportivo deve ancora avvenire. Tutti esaltano le prestazioni mostruose di James, il campione, il fenomeno, il prescelto, mentre Matthew continua a lavorare come sempre. È gara 3 quella che passerà alla storia come la partita di Dellavedova. 20 punti, 5 rimbalzi e 4 assist, sono queste le statistiche del playmaker australiano. Ma i numeri non descrivono l'intensità della sua prestazione.

Delly va talmente oltre i suoi limiti, che finisce in ospedale per i crampi. Poco importa che la sua favola non abbia avuto il lieto fine e che il titolo se lo siano preso gli altri. Per una notte è stato re, lui che, quando gli altri erano in fila per prendere il talento, era già sul campo a correre e sudare.

 

 

6) La rimonta di Contador sul Mortirolo

Ogni volta che nel percorso del Giro d'Italia viene inserita la salita del Mortirolo, tutti gli appassionati di ciclismo cerchiano in rosso la data sul calendario. Sanno che quella è una tappa esplosiva e che i ciclisti si troveranno soli contro un vero e proprio muro. La tappa di quest'anno non è stata da meno. Alberto Contador si presentava al Giro come il favorito numero uno, ma tra il pronostico e la vittoria ci sono in mezzo 3486 km. Quella del Mortirolo è la sedicesima tappa e il corridore spagnolo guida la classifica generale con 2 minuti e 35 secondi di vantaggio sul nostro Fabio Aru. Sta per cominciare la salita, quando una foratura ferma il leader della corsa. Aru mette in testa la sua squadra a tirare e cerca di guadagnare quanto più possibile. Quando la strada comincia a salire, Contador si ritrova da solo e con 50 secondi di ritardo dal rivale. Il pistolero attacca la salita a tutta, danzando sui pedali e con un numero d'altri tempi riesce a riportarsi su Fabio Aru e poi addirittura a staccarlo. Il sardo, in difficoltà, a fine giornata perde oltre due minuti. Il Giro Contador lo ha vinto lì, nel momento in cui è rimasto solo contro tutti, con quell'inferno di salita sotto le ruote.

 

 

5) La notte magica di Gallinari

Che fosse un talento puro, lo sapevamo tutti. Che fosse sfortunato anche. Ma il 10 Aprile Danilo Gallinari ha dimostrato al mondo intero che è tornato e che è più in forma che mai. Si giocava Denver Nuggets-Dallas Mavericks e il Gallo si è preso la scena, nonostante la sconfitta. 47 punti, record in carriera per Danilo e record italiano in Nba. Se questo è il bagaglio che si porterà dietro, non vediamo l'ora di vederlo in azione durante l'Europeo, in maglia azzurra.

 

4) Bacca e due mondi in rete

Nel calcio esiste l'abitudine di credere che se un giocatore non sfonda entro i vent'anni, non diventerà mai un campione. Al diavolo il talento, al diavolo i sacrifici e il duro lavoro. Molti di quelli che sono stati etichettati campioni a vent'anni, spesso sono finiti nel dimenticatoio, ingoiati da un mondo troppo grande per loro o perché spinti da sponsor troppo forti per le loro modeste capacità. Carlos Bacca non è un predestinato, non è un fenomeno globale, non attira i grandi sponsor. Carlos Bacca, classe '86, fino al 2007 non è nemmeno un professionista. A 22 anni El Peluca aiuta ancora il padre a pescare e a vendere il pesce ad un banco a Puerto Colombia. Lo fa da quando aveva 5 anni, così tanto tempo che qualsiasi altro ragazzo colombiano l'avrebbe considerata come una professione ormai, ma non Carlos. Al calar del sole infatti, sollevato dai propri obblighi, corre a sudare su un campo di calcio, facendo quello che gli riesce meglio: gonfiare una rete.

E lo fa tante volte, così tante che alla fine arriva la chiamata dall'Europa, il sogno di ogni bambino sudamericano che prende a calci un pallone. Dopo due anni a Bruges passa al Siviglia ed è qui che la storia di Carlos prende la svolta decisiva. Nel 2014 vince al primo anno l'Europa League, realizzando 7 reti in tutto il torneo, ma il momento più esaltante per lui e per gli amanti dello sport arriverà il 27 Maggio di quest'anno. Il Siviglia vince la seconda finale consecutiva e Carlos gonfia la rete per due volte. In fin dei conti non dovrebbe nemmeno sorprenderci, perché Carlos lo fa da una vita.

 

3) Le due vittorie di Fabio Aru al Giro d'Italia

Nel 2014, a soli 23 anni, Fabio Aru aveva stupito tutti chiudendo il Giro d'Italia al terzo posto, dopo essere partito come gregario di Scarponi. Quest'anno il capitano dell'Astana era lui ed era anche indicato come il rivale numero uno di Alberto Contador, una grossa responsabilità per un ragazzo così giovane. Nei primi giorni Fabio si dimostra subito reattivo e in condizione e cerca di attaccare il ciclista spagnolo ad ogni occasione, perché sa di non essere ancora al suo livello. Riesce anche ad indossare per la prima volta la maglia rosa, anche se la cederà subito a Contador il giorno dopo nella crono di Valdobbiadene. Poi arriva il Mortirolo e Fabio va in crisi, ma riesce a limitare i danni con uno sforzo sovrumano, come solo i grandi campioni sanno fare. Mancano due tappe alla passerella di Milano e Fabio è terzo, scavalcato anche dal compagno di squadra Landa, ma sulla salita che porta a Cervinia piazza una rasoiata che taglia le gambe a tutti e va a vincere la tappa, rifilando 1'18'' a Contador e a Landa, riconquistando il secondo posto. Basterebbe questa splendida impresa per far entrare Fabio Aru in questa classifica, ma lui ha voluto strafare e il giorno successivo, il 30 Maggio, si prende il tappone con Colle delle Finestre e Sestriere, facendo tremare perfino la maglia rosa che arriverà sul traguardo con 2'25'' di ritardo. Quel giorno Fabio ha scritto una pagina di storia del Giro d'Italia. Quel giorno Fabio ha fatto capire al mondo che è pronto a diventare un campione.

 

2) Athletic Bilbao 2-3 Torino

Calcioscommesse. Calciopoli. Partite vendute. Federazioni corrotte. Scandalo, dopo scandalo, dopo scandalo. Perché un tifoso o un appassionato dovrebbe continuare a seguire il calcio? Troppe botte abbiamo preso, troppi colpi proibiti ci hanno rifilato, neanche fossimo dei centravanti tutta tecnica in un campo polveroso di provincia. Eppure torniamo sempre lì, a guardare quel prato verde, ad acclamare quegli uomini in pantaloncini. Chi non ama e non segue il calcio ci chiama “drogati”. Forse hanno ragione. Forse no. Perché il calcio non è droga, ma passione. Come l'arte. Del resto, non c'è meno arte nel sinistro di Maradona che nel pennello di Van Gogh. Non c'è meno arte in un controllo di palla di Zidane che in una scultura di Michelangelo. Allora se il calcio è passione, arte o epica, la risposta a quel perché è Athletic Bilbao – Torino. Era il 26 Febbraio, ritorno dei sedicesimi di Europa League. Basterebbe solo evocare il passato e l'orgoglio che contraddistingue queste due società per capire che non poteva essere una partita normale. Da un lato l'orgoglio e la tradizione baschi, dall'altro il cuore granata. Basterebbe anche solo considerare l'andata, finita 2-2, per capire che no, non poteva essere una partita normale. Lo stadio San Mamés è letteralmente infuocato e se sei un giocatore avversario rischi di ribaltarti dalla paura all'entrata in campo. Ma non i giocatori del Torino. Diluvia a Bilbao, come se ci fosse bisogno di un contorno ancora più epico. Entrambe le squadre giocano col cuore tra i piedi, lottano su ogni pallone, creano occasioni a ripetizione, tanti gol, tante emozioni. Emozioni vere, le stesse che ti dà una passione e non una droga. Ha vinto il Torino 3-2. Poteva vincere chiunque, non sarebbe importato, perché di fronte a partite così c'è solo un vincitore: il calcio.


Highlights Athletic Bilbao-Torino 2-3 di whiteandgreen

 

1) Il passante di Wawrinka in finale al Roland Garros

“Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better” che tradotto suona più o meno così “Ho sempre provato. Ho sempre fallito. Non importa. Riproverò. Fallirò ancora. Fallirò meglio”. Questa è la citazione di Samuel Beckett che Stan Wawrinka si è fatto incidere sul braccio, e questa è la spiegazione delle sue ultime due stagioni. A 28 anni la maggior parte dei grandi tennisti ha già dato il meglio di sé. Stan no. Stan ha vissuto l'intera carriera nell'ombra di quel Lui di cui parlavamo prima. Svizzero come Lui, spesso compagno in coppa Davis, mai allo stesso livello. Eppure Stan il talento ce l'avrebbe, ma qualcosa nella sua testa non ha mai girato. Ever tried, ever failed. Così è stato fino al 2013, quando agli Australian Open ha dato battaglia al numero uno del mondo, Novak Djokovic, arrendendosi solo dopo cinque ore. No matter. È qui che nella testa di Stan ha cominciato a materializzarsi il pensiero di Beckett. Sa di non aver perso un'occasione. Al contrario, ha imparato qualcosa. Ha imparato a saper lottare e a dare tutto se stesso. Try again. Stan comincia ad aumentare sempre di più il livello del suo tennis, tira sempre più forte, senza paura. Esattamente un anno dopo si prende il suo primo titolo dello Slam, con tanto di rivincita su Djokovic. Ora tutti lo chiamano Stan the Man, ma a lui non basta. Fail again, fail better. Ora Stan non sembra volersi fermare, scarica su ogni palla tutta la rabbia degli anni passati nell'ombra. Nessuno tira forte come lui. Al Roland Garros di quest'anno si fa strada fino alla finale del 7 giugno, dove gioca un tennis mostruoso, prendendo a tratti a pallate Djokovic, che era sembrato imbattibile nel 2015. Ma il senso di tutta una carriera, il momento in cui Wawrinka ha davvero vinto il suo secondo titolo slam è nel terzo set. Siamo un set pari e Djokovic serve per restare nel set, sotto 5-2 e 0-15. Il serbo trova un angolo che gli avrebbe dato il punto contro tutti, ma non contro Stan, che, completamente fuori dal campo, spara una fucilata con il rovescio lungolinea tra il palo della rete e la scatola dello sponsor. Una palla di cannone nella cruna di un ago. In quel momento tutti sapevamo chi avrebbe vinto, anche Stan. È questo il momento di sport dei primi sei mesi dell'anno, perché è un simbolo del sacrificio, del duro lavoro di chi non si arrende mai, di chi ha fallito e, noncurante, ritenta. Di nuovo. Di più. Ancora. Sempre.

 

 

di Riccardo Rinaldi