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In The Grove #3: il folk speciale de La Scala Shepard

Domenica, 14 Giugno 2015 10:43

Ultimi ad esibirsi in questa terza serata di "In The Grove - RLT Unplugged" sono i cinque simpatici ragazzi de La Scala Shepard, eclettico e piacevole gruppo folk romano che ci ha regalato un interessante e gradevole live, rigorosamente sempre in acustico e sempre immersi in uno scenario suggestivo.

 

La scala Shepard è un principio musicale importante e complesso utilizzato da tanti musicisti tra i quali i Pink Floyd alla fine del brano "Echoes". Come mai avete scelto proprio questo nome per la band?

David Guerriero (percussioni): «Principalmente la scala Shepard è un'illusione acustica, è stata utilizzata da molti musicisti tra cui per l'appunto i Pink Floyd. L'idea nasce da un brainstorming: abbiamo tirato giù vari nomi, cercando di capire quale ci rappresentasse di più. Non sto qui a spiegare che cos'è la scala Shepard. Noi veniamo da un'altra formazione, un'altra band che aveva un altro nome, gli Stunning Silence. Nome inglese, brani in italiano. Abbiamo cercato di trovare qualcosa di diverso che ci potesse rappresentare al meglio (prima eravamo solo io e Alberto, il cantante) quindi serviva un nuovo nome per una nuova identità. Adesso siamo cinque e non più due come prima. La Scala Shepard è stata una nuova identità.»

Alberto Laruccia (voce e chitarra): «Da un punto di vista teorico e di significato, il passaggio da Stunning Silence a La Scala Shepard mantiene un filo conduttore, ossia il concetto di illusione: "Stunning Silence" significa "silenzio assordante" e quindi c'era questo alone di mistero che "La Scala Shepard" in qualche modo mantiene. Il comune denominatore è l'illusione acustica: il silenzio assordante può essere un'illusione acustica e la scala Shepard è un'illusione acustica.»

Voce, basso, tastiere, chitarre, percussioni, ukulele e chi più ne ha, più ne metta: gli strumenti musicali che utilizzate sono davvero tanti. Da dove deriva questo bisogno di esprimersi con così tanti strumenti?

Lorenzo Berretti (basso): «Sostanzialmente perchè ho abbastanza soldi (ride NdR). Il motivo è questo: il nostro suono ha diverse influenze, influenze che dobbiamo ricondurre in un unico sound. Quindi gli strumenti utilizzati devono essere molti. A partire dal folk più americano passando per il folk più latino, mediterraneo, per arrivare poi all'elettronica. I nostri gusti ed interessi sono molti e per esprimerli tutti abbiamo bisogno di molti strumenti.»

Non è rock, non è folk, non è jazz... Ma allora la vostra musica cos'è?

Lorenzo Berretti (basso): «Musica moderna. Un gran mix di tutto ciò che è stato fatto, cercando di fare qualcosa di nuovo. In passato le persone si immedesimavano in un genere per un fatto generazionale, il dover fare branco, c'erano molti movimenti. Oggi questa cosa non c'è più, c'è più individualismo, quindi ognuno ha un suo suono preferito, un suo genere. Per assurdo ci sono tanti generi quante band girano.»

Alberto Laruccia (voce e chitarra): «Penso che se si dovesse raccogliere questo genere in una parola ben definita, qualcuno potrebbe chiamarlo "indie" o "alternative". Ma tutto quello che è definibile come "indie" è effettivamente distante dalla nostra musica e, ci teniamo a dire, dai nostri testi. Il grande raccoglitore potrebbe essere "alternative". E' una domanda molto difficile alla quale rispondere. Mi piace sempre rispondere con "folk cantautoriale" anche se non è esatto perchè (e qui ci ricolleghiamo al discorso sulla varietà degli strumenti) ad esempio c'è anche l'elettronica. Il cantautorato c'è nei racconti dei testi, i racconti di vita. Forse non ti abbiamo risposto bene (ride NdR). Comunque le basi sono nel cantautorato e nella musica italiana e poi si sviluppa come viene, veniamo tutti e cinque da mondi completamente diversi. Il fatto che non riusciamo a definirci è positivo: vuol dire che facciamo qualcosa di innovativo. Durante un colloquio, un produttore ci ha detto "questa roba qua è difficile ascoltarla da ragazzi di vent'anni". E' il segno che quello che facciamo esiste molto poco in giro. Siamo molto contenti che ci ascoltano poco insomma, siamo talmente di nicchia che ci ascoltiamo solo tra di noi (ride di nuovo NdR).»

Claudia Nanni (voce): «Ci definiranno poi in futuro.»

Molti elementi, molte sonorità. Ma quali sono stati gli artisti che vi hanno maggiormente influenzato?

Michele Santucci (chitarra): «Il bello di questo gruppo è che siamo cinque teste con background musicali completamente diversi. Io posso dire che, da un punto di vista chitarristico, John Butler mi ha dato moltissimo. I Radiohead, per quanto riguarda gli arrangiamenti.»

Claudia Nanni (voce): «Agli inizi, ascoltavo jazz. E ascoltavo il jazz puro, quasi solo strumentale. Per quanto riguarda la voce, posso citare una Amy Winehouse ad esempio, una voce calda, rotonda.»

Alberto Laruccia (voce e chitarra): «Il Banco del Mutuo Soccorso. Il progressive rock, in particolar modo quello italiano. Per quanto riguarda la chitarra, c'è molto blues nel mio background, personaggi come Stevie Ray Vaughan, BB King, Tommy Emmanuel che suona la chitarra acustica con il fingerpicking. C'è molta Italia, molto cantautorato italiano: Guccini, Battiato, De André. Ma c'è anche Gianni Morandi. Mina. Molta Italia tra le mie influenze. La Bandabardò tra i "nuovi gruppi".»

Lorenzo Berretti (basso): «Gli artisti fondamentali per me sono quattro che vengono da quattro paesi diversi e che riassumono ma non chiariscono del tutto quello che ascolto e quello che mi ha cresciuto. Dall'America, Beck. Dalla Gran Bretagna, i Radiohead. Dalla Francia, gli Air. E dall'Italia, Samuele Bersani.»

David Guerriero (percussioni): «La mia iniziazione alla musica è avvenuta con una band a noi carissima, i Green Day. E' iniziato in modo anomalo il nostro rapporto musicale. Dai Green Day, sono passato ai Dream Theater e da loro al progressive che ho scoperto grazie a Alberto e che poi è stato gran parte della mia vita. Parlo dei Jethro Tull, dei Genesis, tutto questo versante. Per finire ai giorni nostri (ce l'ho anche tatuato sulla pelle) con i Sigur Rós che sono costante fonte d'ispirazione.»

E' recentemente uscito il singolo "A tasche vuote": potete svelarci qualche retroscena, qualche anticipazione del disco che deve uscire?

Alberto Laruccia (voce e chitarra): «Molte litigate (ride NdR). E' stato il primo singolo, il primo brano al quale abbiamo preso parte tutti quanti. Abbiamo un metodo di lavoro per il quale una sola persona si occupa della composizione e poi dopo si procede ad un'analisi tutti insieme. Per masochismo probabilmente abbiamo adottato questo metodo (ride di nuovo NdR). Prendiamo il testo, cerchiamo di aggiustarlo da un punto di vista metrico e musicale, c'è poi il lavoro di tutti insomma. "A tasche vuote" parla di solitudine, di distacco, di distanza. E' un dialogo, sono le due voci a parlare, una femminile (ossia Claudia) e l'altra maschile (ossia io)...»

Claudia Nanni (voce): «Eh sì, siamo davvero controtendenza: facciamo fare la parte femminile alla voce femminile e la parte maschile alla voce maschile (ride NdR).»

Alberto Laruccia (voce e chitarra): «C'è un continuo capovolgimento: la ragazza che si allontana dal ragazzo e viceversa. Racconta l'evoluzione di un rapporto tra uomo e donna, una relazione qualsiasi, un problema che si crea. I retroscena li facciamo raccontare a qualcun altro...»

David Guerriero (percussioni): «Ma no, lasciamo questo alone di mistero...»

Lorenzo Berretti (basso): «Sostanzialmente si tratta di questo, delle litigate che abbiamo fatto. Siccome si è trattato del primo pezzo insieme, ci siamo dovuti scontrare e abbiamo dovuto far incontrare diverse visioni della musica e della composizione. Per conoscerci c'è voluto un po'. E' vero, ci conoscevamo da tanto tempo ma per alcuni anni ci siamo distaccati per diversi motivi e nel frattempo siamo maturati in modi diversi. Abbiamo dovuto far incontrare quindi nuove visioni. Ci siamo scontrati in modo costruttivo.»

Claudia Nanni (voce): «E distruttivo...»

Lorenzo Berretti (basso): «Distruttivo no. Non ci siamo sciolti alla fine... (ride NdR).»

Una tesi ed un'antitesi che si incontrano da cui poi esce una tesi insomma?

Alberto Laruccia (voce e chitarra): «Sì, molto hegeliana come cosa. Aggiungo che questa sera è la prima volta che presentiamo il nuovo singolo che a breve verrà registrato e compreso in un lavoro più ampio, un EP che raccoglierà alcuni brani con questa nuova formazione. E poi un nuovo lavoro che abbiamo già cominciato a fare, un inedito su Trastevere in cui si è praticamente formata La Scala Shepard. Questo lavoro prevede un viaggio per le strade e le piazze nascoste di Trastevere e racconta di alcuni personaggi caratteristici del quartiere, non solo il lato positivo che è quello che questi personaggi mostrano al pubblico, ma anche il lato negativo, inventandolo un po', arrivando a completare un po' di brani intorno a queste figure.»

Ma... Come si è formata La Scala Shepard?

David Guerriero (percussioni): «Io e Alberto abbiamo iniziato registrando tutti i brani da soli. Di getto, suonando tutti gli strumenti io e lui, occupandoci dell'arrangiamento, dei testi, della composizione. Dopo tre anni di nulla (il progetto era molto statico) abbiamo deciso di voltare pagina. Andando per strada, suonando per le strade di Trastevere, avendo un contatto diretto con le persone, abbiamo cominciato a vedere le reazioni del pubblico, reazioni a volte molto malinconiche per certe atmosfere e ciò ha portato ad un mutamento. Abbiamo inglobato altri elementi: Claudia, Michele e Lorenzo. Lorenzo era una nostra vecchia conoscenza, eravamo una triade quando avevamo tredici anni, facevamo progressive, alternative, psichedelia, cose strane (ride NdR). Abbiamo voluto dare una nuova forma al nostro progetto. Oggi abbiamo delle belle diatribe su chi sia la Voce 1 e la Voce 2 (ride di nuovo NdR). Avere due voci è veramente difficile.»

Alberto Laruccia (voce e chitarra): «E' come avere due chitarre...»

David Guerriero (percussioni): «L'unico che si salva sono io, il percussionista. Sono solo.  Anche se, quando suoniamo in acustico, suonano le percussioni anche loro...»

Cosa vi riserva il futuro prossimamente? Date in programma?

Lorenzo Berretti (basso): «Intendi domani? Dopo questa sera? Abbiamo pronti due EP che abbiamo già introdotto: uno uscirà prima e... uno uscirà dopo (ride NdR). E stiamo preparando uno spettacolo da fare per strada. Vogliamo suonare all'aperto, non solo nei locali, ma anche in un contesto cittadino.»

In cosa consiste questo spettacolo?

Claudia Nanni (voce): «Nell'adeguare ad esempio la situazione di questa sera per strada. Avvicinare la gente, proponendo musica non solo nostra. Le persone tendono a fermarsi quando riconoscono quello che stai suonando. Ampliare quello che facciamo, riarrangiando e rivisitando in chiave nostra alcuni pezzi che possono essere più conosciuti. Ci tengo a precisare che non lo facciamo a scopo di lucro: noi vogliamo semplicemente suonare.»

Alberto Laruccia (voce e chitarra): «Facciamo un appello: siamo alla ricerca disperata di date, in qualsiasi parte d'Italia. Sono dei brani che possono arrivare a molte persone. Speriamo di avere la possibilità, nonostante i locali siano limitati e limitanti, di far conoscere la nostra musica. Nelle piazze, nei festival. Di andare in giro per dare qualcosa e ricevere qualcosa e non parlo di soldi, ma di emozioni dal pubblico. Soprattutto Roma si presta bene ad una cosa del genere, a suonare all'aperto. Vogliamo arrivare al punto da portare l'esperienza di Roma in giro per l'Italia. Prendere l'esperienza trasteverina e portarla a Milano, Torino, Genova... Far capire a queste persone che non conoscono Roma cosa intendiamo noi per la nostra città. E qui torna l'immaginazione, l'illusorio. Raccontare storie in modo che le persone possano immaginarle. Dare delle immagini. Speriamo di riuscirci anche stasera.»

 

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