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Humandroid, la recensione

Mercoledì, 01 Aprile 2015 00:02

In uscita il 9 Aprile, dal regista di District 9 ed Elysium, il nuovo film con Hugh Jackman, Dev Patel e Sigourney Weaver.

Johannesburg, 2016. Per contrastare la crescente criminalità, le forze di polizia vengono dotate di robot, gli Scout, i quali hanno il compito di affiancare e supportare gli umani. Il loro creatore è Deon (Patel), ingegnere alle dipendenze della TetraVaal, società di armamenti. Deon ha un sogno: creare un programma di intelligenza artificiale, dare quindi “vita” agli androidi. Sul fronte opposto è invece Vincet (Jackman), ex forze speciali e ingegnere, che vede tagliarsi i fondi per le proprie ricerche. Una serie di eventi porteranno Deon a realizzare il suo sogno, dando così vita a CHAPPiE, il primo robot in grado di avere una propria coscienza. CHAPPiE si troverà tuttavia immerso e travolto da un mondo fatto di violenza e odio, senza riuscire a capirlo, come a solo un bambino può capitare.

Negli ultimi anni il dibattito sull’intelligenza artificiale (I.A.), si è andato sempre più ad intensificare. La trama, l’idea alla basa di Humanandroid è interessante. La possibilità di creare tramite stringhe di codice un essere senziente dotato di coscienza, apre all’immaginazione porte infinite. Il bene, il male diventano concetti astratti, ai quali possiamo cercare di dare una definizione, ma rimangono inconsistenti fino a quando non li abbiamo davanti.

Tutte queste riflessioni nascono nello spettatore nel momento in cui va a dormire, per placare quella voce dentro la sua testa che gli elenca uno per uno tutti i centoventi minuti persi per sempre al cinema guardando questo film. Diciamolo, i film americani anche più banali, sono semplici: cattivo, buono, il buono soffre perché il cattivo sta vincendo, il buono si sacrifica ma alla fine trionfa, morale (trita e melensa), fine. Durante la proiezione, si inizia si supplica affinché sia un film banale, ma non è così. 

La trama, che potrebbe promettere grandi cose, viene lasciata a se stessa, iniziando così goffamente a scivolare su di se, producendo uno dei risultati più soporiferi che si siano mai visti. Se per una frazione di secondo, si spera in un po’ di azione che faccia diventare il film almeno un’americanata, si viene subito smentiti da una dose di dialoghi senza senso che farebbero venir voglia a chiudere gli occhi e non riaprirli per il tempo rimanente alla fine. 

Si può non amare Hugh Jackman, ma non si può dire che non sappia recitare, o che non sia un attore valido (vedi Les miserables). Qui Jackman interpreta un ruolo brutto, ma non per il personaggio, ma per l’assenza totale di esso, anche dei più stereotipati tratti di antagonista. Per la carenza di scene verrebbe da crederlo una comparsa. Stessa sorte per Dev Patel, che tanto ha stupito in The Millionaire, e che ora viene ridotto ad un non-personaggio, senza spessore di alcun tipo, e riempito solo di fastidiose frasi fatte. 

Negli ultimi venti minuti, il regista, Neill Blomkamp, riesce a superare se stesso, con scene di violenza gratuita (ma non nel senso positivo, se mai ce ne può essere uno), e un finale assolutamente raccapricciante, dando la più assoluta dimostrazione di non voler dare all’odioso CHAPPiE neanche una fine decente.

Se si è amanti del genere, si lascia perdere, Io Robot con Will Smith in confronto meritava tutti i premi della terra. Se non lo siete, lasciate perdere lo stesso, il film è assurdo al punto che non dovrebbe essere consigliato neanche a colui per cui si porta più rancore.

Sconvolgere a tratti allucinante. 3/10.