Extra

THE END OF THE TOUR alla Festa del Cinema di Roma, la recensione

Mercoledì, 21 Ottobre 2015 17:01

Dopo l'apparizione al Sundance Film Festival di quest'anno, "The End of the tour" per la regia di Jason Posoldt, è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma 2015.

Dipinto come un biopic, il film forse in realtà più assimilabile ad un road movie sui generis. I protagonisti dal film sono Jesse Eisenberg e Jason Segel.

Il primo interpreta David Lipsky, scrittore ed all'epoca reporter di Rolling Stones. L'idea di intervistare David Foster Wallace viene proprio a Lipsky, ragionando sul fatto che prima d'allora la rivista mai aveva dedicato spazio ad uno scrittore. Il film prende dunque spunto da un libro proprio di Lipsky "Come diventare se stessi - David Foster Wallace si racconta".

Cinque saranno i giorni di quel marzo 1996 in cui i due David passeranno intere giornate insieme durante la fine del tour promozionale di "Infinite Jest". Foster Wallace ha il volto di Jason Segel, mentre David Lipsky quello di Jesse Eisenberg.

Nel 1996 Foster Wallace ha appena 34 anni e il New York Times, proprio in seguito a "Infinite Jest", lo definì un Emile Zola post Millennio. Lipsky ha invece 30 anni  ed ha già pubblicato "The art fair". L'incontro avviene sotto una fitta nevicata di fronte a casa di Wallace.

Il film è un continuo, fitto dialogo tra i due. Foster Wallace, forse anche apprezzando sin dal principio Lipsky, apre casa e anima al giornalista. Verboso  e dettagliato nello scandire tutte le ansie dello scrittore, il film ne tratteggia le ossessioni, le contraddizioni di un uomo attratto dalla fama ed allo stesso tempo terrorizzato da questa e dalle sue conseguenze. Emerge il ritratto di un uomo terribilmente solo.

Spacciato troppo spesso come una rock star della letteratura o come uno dei tanti bohemien della storia della letteratura, il David Foster Wallace raccontato dal film e da Lipsky, ne è lontano anni luce. Il suo stesso mettersi a nudo lo dimostra, forse più di quanto quella cartolina di Ignazio di Loyola appoggiata e incastrata nel vetro dello specchio del bagno non dica. Le differenti solitudini dei due si confrontano spesso e l'intervistato sovente si sostituisce all'intervistatore: un altro tassello che mette in luce l'atipicità della "star Wallace".

E' un film che ho tutto sommato apprezzato ma non so dire se la mia curiosità per la vicenda personale di Foster Wallace abbia inciso nel giudizio. La vita di Lipsky, cambiò sicuramente con quell'incontro. Se non posso dire lo stesso con la visione di questo film, sicuramente è un film che spinge a misurare lo spettatore con le proprie ossessioni e a sondare se stessi nel confronto con persone che hanno un talento smisuratamente più grande del nostro.   

 

Un servizio di Alessandro Giglio