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Marco Paolini al cinema con "La Pelle dell'orso"

Mercoledì, 02 Novembre 2016 11:51

Esce il 3 novembre "La Pelle dell'Orso", il primo film a soggetto del documentarista Marco Segato. Un racconto di formazione in sorprendente equilibrio tra avventura e cinema d’autore.

Una conferenza stampa con Marco Paolini rischierebbe di mettere in secondo piano il film da presentare. Se non fosse che in questo caso il drammaturgo veneto sia, oltre che protagonista, anche co-sceneggiatore. E allora, gli interventi lucidissimi, brillanti e profondamente meditati a favore de La Pelle dell’Orso investono il lavoro della Jole Film di una luce intensa e rivelatrice. Il film è girato e co-scritto da Marco Segato, ma Paolini ha creduto e partecipato al progetto come fosse opera sua, con un entusiasmo e un rigore davvero ammirabili. 

C’erano diverse sfide da vincere: mostrare la crescita di un adolescente attraverso il rapporto ritrovato col padre; fare un film di genere senza rinunciare a una buona dose di senso e complessità; evocare, con pochi mezzi a disposizione, la potenza infinita della natura, elevando il bosco e le montagne a co-protagonisti. L’esperienza di Paolini ed Enzo Monteleone (già sceneggiatore di alcuni tra i più acclamati film di Salvatores), unita all’occhio sensibile di Segato, hanno firmato un’opera riuscita, sia nell’intento di emozionare, sia in quello più difficile di produrre un ottimo cinema per raccontare, attraverso strade poco battute, tematiche familiari e sociali universali.

Anni Cinquanta. In un paesino sperduto sulle Dolomiti vivono Pietro Sieff, burbero e introverso, e suo figlio quattordicenne. Quando, di notte, un orso che tutti credevano morto irrompe in una stalla e uccide una mucca, la comunità decide di assoldare un forestiero per dargli la caccia. Fra l’ilarità generale, perché da tutti ritenuto arrugginito e poco furbo, Pietro scommette col suo capo, alle cui dipendenze c’è mezzo paese, che riuscirà ad uccidere la bestia. Una volta addentratosi nel bosco, suo figlio Domenico ne seguirà le tracce per aiutarlo e per prendere parte a una grande avventura.

Che non si tratti di un semplice film d’avventura lo si capisce dalle prime immagini, da quel carnevale pieno di folklore, ripreso in tua la sua autenticità, fino al rogo liberatorio e al rito del tiro al bersaglio, da una parte teso ad esorcizzare le calamità naturali, dall’altra inevitabile presagio di sventura. La Pelle dell’Orso, subito dopo, comincia col presentare i personaggi. C’è un grande lavoro di scrittura, supportato dall’ottimo lavoro espressivo e gestuale degli attori, teso a sottrarre dal testo fino all’essenziale. Come sottolineato da Paolini, tanto il villaggio quanto la famiglia di Pietro e Domenico, non accettano intrusioni, né nella propria quotidianità, né di fronte ad eventi straordinari. Se anche lasciassero entrare uno straniero (noi spettatori), nessuno direbbe nulla. Ecco allora che possiamo solo immaginare quale sia il passato di Pietro, cosa lo abbia reso così roccioso. Il personaggio di Sara (dopo Fräulein, Lucia Mascino si conferma bravissima e a suo agio con ruoli poco femminili) è estremamente funzionale nell’accendere una flebile torcia sui segreti dell’uomo, innescando il processo di riavvicinamento con Domenico. Proprio in ragione della costante riservatezza cui tengono i protagonisti, svolto il proprio compito, la donna esce elegantemente di scena. Poi c’è la montagna, mai uguale a sé stessa, che accompagna la storia conferendo la necessaria austerità.

La Pelle dell’Orso parte col raccontare maschere archetipiche fino a mallearle, umanizzandole, grazie ad un avventura formativa e avvincente. Nonostante Domenico ne abbia l’occasione, esita ad uccidere l’orso perché non ucciderebbe mai suo padre. Tuttavia non c’è posto per Pietro né nella vita del ragazzo, né nell’Italia dell’imminente boom economico. In questo senso, l’opera di Segato riesce a dire molto di più di ciò che mostra, coniugando una forte carica simbolica al racconto per immagini e a una buona dose di spettacolo.

di Paolo Di Marcelli