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Ritratto della giovane in fiamme, la recensione

Mercoledì, 01 Gennaio 2020 20:06

Il “Ritratto della giovane in fiamme” (Portrait de la jeune fille en feu Titolo originale ndr) è un film scritto e diretto da Cèline Sciamma.

La pellicola è stata prodotta da Arte France Cinèma, Hold Up Films e Lilles Film, e ha vinto il Prix du Scènario (Premio miglior sceneggiatura) al Festival di Cannes.

Il film si colloca nel 1770 circa sulla costa normanna e racconta di Marianne (Noèmie Merlant), giovane pittrice figlia d’arte, che per lavoro accetta di fare un ritratto a Hèloise (interpretata da un’intensa Adèle Haenel) senza che lei se ne accorga. L’impresa diviene da subito ardua e costringe la pittrice a fingersi Dama di compagnia e a partecipare attivamente alla vita della ragazza. Hèloise ha una vita agiata, ma viene costretta a sposarsi con un nobile italiano appena dopo essere uscita dal convento, si aggiunge al fattore psicologico anche il suicidio della sorella, buttatasi da un’alta scogliera. Marianne accompagna in lunghe passeggiate la giovane che si confida in tutto, abituata a una vita di musica e preghiere e ancora non pronta per affrontare una vita differente da essa; nel mentre la protagonista cerca di cogliere più dettagli possibili per il dipinto, dalle minime espressioni facciali alle minuzie più imperscrutabili. Questo osservare e ascoltare porta come conseguenza la nascita di un rapporto di complicità sempre più grande, un interesse e una curiosità reciproca che sfocierà in un forte legame affettivo. Un film di sentimenti al femminile, quasi tutto ripreso nelle sale della grande villa dove abita la giovane Hèloise insieme alla contessa e la madre, dove le donne sono “rinchiuse”, mentre gli uomini sono là fuori, all’esterno, dove tutto questo non gli compete.

Grande attenzione ed elogio vanno alle musiche (Jean-Baptiste de Laubier e Arthur Simonini) e alla sceneggiatura della regista che danno un tocco in più al sentimento e alle emozioni rappresentate in maniera così gentile quanto esplicita, alludendo con estrema naturalezza e sensibilità le sensazioni trasmesse da questo lungometraggio.

Di Stefano Ludovici