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Se la vita che salvi è la tua, la recensione: #ReadingIsSexy

Lunedì, 23 Marzo 2015 20:04

Se la vita che salvi è la tua, Fabio Geda. Fine Maggio 2014.Einaudi, 230 pp.,17,50 €.

Se la vita che salvi è la tua è un libro per chi crede nelle seconde possibilità. E nelle terze. Per chi prende l’iniziativa, per chi ha il coraggio di cambiare senza aspettare che arrivi il momento giusto.

L’ultimo romanzo di Fabio Geda, racconta della crisi di Andrea Luna in terza persona, pur penetrandolo completamente: si è così totalmente immersi nella sua coscienza da giustificarne anche le folli scelte. I personaggi di contorno sono numerosi, forse troppi, appena accennati: opportunamente calibrati per confluire nell’evoluzione emotiva di Andrea.

Se la vita che salvi è la tua, il consiglio musicale

Album: Trouble will find me, The national, 2013.

L’ultimo album dei the national incarna perfettamente gli stati d’animo e le atmosfere rievocate nell’ultimo lavoro di Geda. Il perdersi, ritrovarsi per poi conoscersi e possedersi in toto. Inoltre il gruppo si è formato a Brooklyn, stesso quartiere di NY in cui è ambientato il romanzo.

 

Se la vita che salvi è la tua, la storia

Un aborto all’ottava settimana rompe i già fievoli equilibri tra Agnese e Andrea. Mentre Agnese è letteralmente annientata dall’evento, Andrea sembra quasi non rendersene conto. Come non sembra rendersi conto della situazione di totale precarietà e senza prospettive lavorative in cui alberga. Ultratrentenne, nominalmente architetto ma supplente di arte e disegno di fatto, rinnega qualsiasi tentativo d’aiuto da parte della moglie per mettere in discussione la sua pressoché inesistente carriera. E’ quando Agnese gli comunica che ha accettato una proposta di lavoro a Lione, che Andrea decide di partire. Una sola settimana. A New York. L’ultimo posto in cui ha sognato una vita diversa. Al Metropolitan c’è una mostra di Rembrandt e deve andarci. Una sorta di corso di aggiornamento professionalizzante. Una sorta di corso di perfezionamento personale.

E’ nella grande mela che inizia la personale odissea di Andrea, dove viaggerà nei meandri della propria coscienza, immobile davanti al “Il ritorno del figliol prodigo” (dipinto di Rembrandt, ndr). Sempre lo stesso quadro per giorni, per settimane. Cambierà prospettiva, punto di vista, impersonerà prima un figlio poi l’altro, mentre cercherà di rivelarsi a se stesso. Per giorni, l’inserviente del Met, sarà l’unica persona con cui parlerà, quasi intrappolato in quella condizione di solitudine e scoperta, tanto da non riuscire a tornare a casa. In quella città, in quelle mura che hanno segnato la sua sconfitta come professionista, come coniuge, come padre. Rimane a New York, Andrea. Non riesce proprio a prenderlo quel volo, rimane così, immobile, davanti al gate mentre chiamano ripetutamente il suo nome. Tornerà al Met, nella speranza di portare a compimento quel viaggio che lì, gli sembrava di aver iniziato, ma si perderà, perdendo tutto. Si ritroverà a vivere una vita che non gli appartiene: un senza fissa dimora che frequenta le mense per i miserabili, costretto a fare l’elemosina a dormire nei cartoni per sopravvivere.

Sarà una ‘voce primaverile’ a salvarlo, a offrirgli cure, pasti caldi ed infine un tetto. Accolto da Ary e i suoi due figli Andrea tornerà a vivere, ad amare. L’equilibrio si compie con il nuovo appagamento emotivo: la storia con Ary lo responsabilizza spingendolo ad abbandonarsi ad una vita familiare. Ricomincia dal fondo: clandestino, senza documenti, pulirà uffici di notte per 10 dollari l’ora. Esattamente nel momento in cui tutto sembra aver preso una forma consueta è di nuovo, una fuga di Andrea a stravolgere la situazione. In una plumbea tratteggiata Torino, Andrea riconosce le strade che aveva dimenticato, abbandonato, allontanato per mesi. Riconosce casa sua, i piccoli cambiamenti apportati da Agnese durante la sua latitanza. Non riconosce nient’altro: lì non c’è più nulla che gli appartenga davvero, che lo veda protagonista. Il suo posto è altrove, ma stavolta per raggiungerlo dovrà affidarsi ad un pollero (trafficante d’uomini che permette il passaggio clandestino dal Messico agli USA attraverso il deserto).

La fuga come unica via per il cambiamento. Andrea fugge dalle scelte sensate, dalle aspettative non appagate, da un dolore improvviso, da una vita che non ha scelto di vivere ma che non ha la forza di cambiare. La fuga come ricerca, come inizio, come rinascita. E’ questo il tema fulcro che si percepisce per l’intera lettura. Andrea non insegnerà a Benjamin a difendersi dai bulli, insegnerà lui come fuggirgli. E’ il malessere sociale odierno a fare da ambientazione. Mai come oggi la nostra generazione rimpiange il benessere economico, le sicurezze e le prospettive di cui ha goduto quella precedente. E’ il contesto storico sociale che sembra indurre la crisi coniugale che esplode nella perdita di un figlio, scelto ti avere troppo tardi. Lo stesso contesto sembra essere la sola causa dell’insoddisfazione professionale e personale di Andrea.

Giulia Lupi