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David LaChapelle al Palazzo delle Esposizioni di Roma, la recensione della mostra

Mercoledì, 10 Giugno 2015 07:19

Roma, città ispirante per LaChapelle, ospita la mostra fotografica 'Dopo il diluvio/after the deluge' dal 30 aprile al 13 settembre al Palazzo delle Esposizioni.

“Il mio lavoro è onesto perché non si spaccia per realtà” David Lachapelle

Celebre per la propria eccentricità ai limiti del kitsch, nel 2006 LaChapelle vira l'attenzione sul contenuto delle sue opere pur mentendo una cura maniacale per quell'estetica che gli ha permesso di primeggiare sulle riviste patinate. É proprio 'il diluvio'  che segna il passaggio a questa seconda fase artistica, dove il primo sguardo lascia spazio al secondo, consapevole. La mostra, totalmente di carattere introspettivo, raccoglie 150 foto, molte delle quali inedite e mai esposte.

Nel 2006 durante una delle sue permanenze a Roma, LaChapelle ha il piacere di vistare la cappella Sistina, che lo scuoterà a tal punto da trarne ispirazione per uno dei suoi più importanti lavori. 'Il diluvio' infatti, é totalmente ispirato ad un affresco li conservato. Quest'opera segna la rottura della sua produzione artistica frutto di un contestuale cambio di stile di vita. David infatti, abbandonerà la vita mondana in cui era totalmente immerso per ritirarsi in un isola vergine nel mezzo del Pacifico.

Libero dai circuiti commerciali e pubblicitari, LaChapelle concepisce i suoi lavori con l'unico scopo di esporli in una galleria o in un museo. Il Cambiamento più evidente è sicuramente rappresentato dalla totale assenza della carne umana, elemento centrale nella prima parte della sua opera, ove i corpi, spesso senza vesti, sono al centro del campo fotografico incarnandone totalmente il messaggio. Se la carne è stata abbandonata, dall'altra parte rimane intatto il suo stile che ha fatto dell' estetica iperrealista una religione, perfettamente riconoscibile nelle serie Car Crash, Negative Currencies, Earth Laughs in Flower, Gas Station, Landscape e Aristocracy. Nella seconda parte della sua produzione, la presenza umana si percepisce in sottofondo, essa è responsabile della creazione di industrie, oggetti, monete e statue di cera che vincono il tempo, inanimate, immobili, eterne.

La Vanitas, la voluttuosità della bellezza, trovano espressione in Earth Laughs in Flower, dove l'effimerità e la fragilità dei fiori recisi viene dimenticata, per lasciare spazio ad un’espressione eccessiva, barocca, in cui il tempo non esiste. Mentre negli olii settecenteschi a cui l'autore si ispira, tali composizioni floreali erano accompagnati da oggetti rappresentativi della transitorietà, quali maschere, teschi, clessidre e calamai, qui figurano banconote, sigarette, sex toys, cellulari, icone dell'eccesso e del consumismo a cui apparteniamo.

Still Life, serie che raccoglie scatti avvenuti dopo atti di vandalismo al museo delle cere di Dublino, è un elogio alla transitorietà, al disfacimento della carne. Qui David pone l'accento sulla natura fugace della fama e del potere, rilanciando l'attenzione sul fascino perverso esercitato dalla caduta degli idoli. In questa serie trova spazio 'Last Supper', un ciclo di tredici fotografie che rievoca il capolavoro di Leonardo.

Con l'intento di concedere una conoscenza più ampia della produzione di LaChapelle, Gianni Mercurio, curatore della mostra, espone nella parte finale, scatti precedenti a 'The Deluge', ove i messaggi mediatici, le citazioni a opere del cinema e della storia dell'arte, i richiami religiosi, si fondono nella saturazione cromatica, nelle luci artificiali, nella plasticità delle pose, nell'eccentricità dei set che contraddistinguono l'autore.