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Stand up Guzz: un’ora di bonario delirio

Venerdì, 15 Dicembre 2017 13:39

Al Brancaccino di Roma (ex teatro Morgana) va in scena Stand Up, Guzz, di e con Paolo Guzzanti. Volendo riproporre il tipico genere teatrale americano e britannico dello stand-up, si assiste ad un monologo sconclusionato che ruota attorno agli USA con le loro bizzarrie culturali, e alle misere ipocrisie italiane. Il tutto, però, si risolve in un delirio che non convince.
Per nulla efficace Guzzanti nella sua prova d’attore: la voce è affaticata, a tratti malamente espressiva; la mimica del tutto assente. Ciò che si può capire non essendo in presenza d’un attore di professione.


Lo stand-up potrebbe rassomigliarsi, nei casi migliori, ad una specie di conferenza dal tono brillante e arioso, in grado di coinvolgere il pubblico e chiamarlo in causa sui temi affrontati. Questo spettacolo, invece, pecca di brio. Tutto è scarno, a cominciare dalla scenografia che non c’è.
Il pubblico – non numeroso – applaude senza esserne convinto e pare non seguire i grammelot di pensieri di Guzzanti. A sprazzi vi è una lieve trovata comica – come, ad esempio, quella dell’aereo stealth, dipinto come buffo e depresso salvo dimostrarsi capace, d’improvviso, delle peggiori violenze – che diviene tormentone e strappa, qui e lì, stentate risa.


C’è da chiedersi il senso di simili operazioni teatrali. In periodi scialbi come quelli attuali, per le scene italiane (e non solo per esse), sui palcoscenici dovrebbero trovar spazio idee in grado di far comprendere il momento in cui viviamo, le sue contraddizioni, le sue ombre assieme alle possibilità di ripresa (quando ve ne sono). Stand Up, Guzz non assolve a un simile compito.
Tutte queste mancanze vengon compensate dalla bonaria simpatia di Paolo Guzzanti – dote di cui, va detto, non è sprovvisto. Ma non basta a far decollare uno spettacolo che vacilla in ogni sua parte e finisce per rovinare a terra senza speranza di rialzarsi incolume.

Pierluigi Pietricola