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La regina di ghiaccio: Turandot nel mondo delle fiabe

Sabato, 23 Dicembre 2017 14:04

Per scrivere il musical La regina di ghiaccio, Maurizio Colombi e Giulio Nannini avranno pensato: “Come incuriosire i bimbi per il mondo del teatro? Che storia scegliere, fra le molte e bellissime che vi sono”? E così, scartabellando migliaia di copioni, libretti e partiture d’opera, ecco far capolino lui: il Maestro Giacomo Puccini con la sua eternamente bella Turandot.

 

Di versioni di quest’opera ne esistono a migliaia, e non è escluso che una nuova già stia calcando le scene in qualche palcoscenico d’Italia. Allora, ecco l’idea: calare la storia della capricciosa principessa di Pechino, che uccide i suoi pretendenti di nobile sangue qualora non risolvano i suoi enigmi, nel regno della fiaba. E come fare? Semplice: occhieggiare a Shakespeare e chiamare dal suo Macbeth le tre streghe dalle quali tutto dipende (sia nella tragedia del bardo, che in questa riscrittura favolistica dell’opera pucciniana).

Il risultato è un musical ben confezionato e ben interpretato dagli attori-cantanti. Musiche e voci si fondono bene e danno vita ad uno spettacolo godibile nel quale il pubblico si immedesima con gran disinvoltura. Lorella Cuccarini, per interpretare la sua Turandot, ha saputo mitigare il consueto brio con cui è solita accostarsi ai lavori da intraprendere. Lo ha misurato, temperato, equilibrato: posto al servizio del personaggio senza investirlo di una personalità che non gli appartiene. Ne è emersa una principessa cattiva (non per sua volontà, ma perché stregata dalle tre fattucchiere: Tormenta, Gelida e Nebbia che le hanno impietrito il cuore) ma che non si riesce a detestare. Non tanto perché la sua malvagità sia vittima d’un sortilegio, ma perché è un sentimento recitato con quel giusto distacco coerente e tipico del mondo delle fiabe (e guai se ciò non fosse).
Belle le scenografie di Alessandro Chiti, che nella loro essenzialità hanno saputo dar corpo a un mondo fantastico che sul palco pian piano si sdipana. Utilizzando le moderne tecnologie con gli scenari proiettati, colpisce il gioco di luci che alterna colori diafani intonati al gelo della crudele
Turandot che investe e permea tutto il regno, a ghirigori dagli accesi colori che suggeriscono l’idea di Oriente.

Nel canto, nella danza e nella recitazione tutti gli interpreti sanno star bene nei rispettivi ruoli, mostrando notevole capacità di presenza scenica d’insieme (elemento, questo, essenziale per dar vita a un vero musical). Brave le tre streghe: Valentina Ferrari, Federica Buda e Silvia Scartozzoni, che alternando le qualità tipiche del canto (il sottile, lo spesso e la voce piena) hanno mostrato come giocare e divertirsi coi loro personaggi senza venir meno ad una buona interpretazione.

Uniche note fuori luogo che gettano un lieve velo d’ombra su di uno spettacolo ben fatto e da vedere: una versione moderna del Nessun dorma, cantata a due voci da Lorella Cuccarini e da Calaf (Pietro Pignatelli), che si affloscia e non strappa l’ovazione; e qui e lì delle scontate battute da
cabaret ammannite per catturare un facile applauso. Fatti, questi ultimi, che si possono comunque perdonare quando fra il pubblico si sentono le risate
dei bimbi a cui fanno seguito gli applausi delle loro eccitate manine, che ci ricordano che il teatro parla la lingua tipica dell’innocenza e dell’infanzia.

Pierluigi Pietricola