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Diario (1941 – 1943) di Etty Hillesum

Domenica, 16 Settembre 2018 15:22

"- anche per accettare la propria fine si ha bisogno di forza interiore."

 

AUTORE: Etty Hillesum

EDITORE: Adelphi

ANNO: 1996

PAGINE: 260

Etty Hillesum nacque nel 1914. Ebrea, non praticante. Nel 1941, anno in cui iniziò a scrivere il suo Diario, visse ad Amsterdam. Ben presto abbandonò la casa di famiglia e si trasferì a casa di Han Wegerif, un uomo molto più grande di lei, con il quale ebbe una relazione amorosa. Etty rimase incinta, ma fu costretta ad abortire e proprio in quei giorni incontrò lo psicanalista Jules Spyer. Etty ne rimase affascinata e se ne innamorò.

Il suo Diario, quello vero, quello che racconta della sua anima straordinaria comincia da qui, da quando lo vide in ginocchio mentre pregava:

“Com’è strana la mia storia – la storia della ragazza che non sapeva inginocchiarsi. O con una variante: della ragazza che aveva imparato a pregare. È il mio gesto più intimo, ancora più intimo dei gesti che ho per un uomo.”(Diario, 1941-1943)

Etty scoprì l’intensità dell’amore e iniziò ad incanalare questi sentimenti verso una nuova etica morale che terminò con il compimento della persona stessa, rivelando lo straordinario potenziale dell’amore.

“Per quanto possa sembrare paradossale: quando si punta troppo sull’unione fisica, quando s’investono tutte le proprie energie nel desiderio della persona amata, in fondo le si fa torto: perché allora non rimangono più forze per essere veramente con lei. Rileggerò sant’Agostino. È così austero e così ardente. E così appassionato, si abbandona così completamente nelle sue lettere d’amore a Dio. In fondo, quelle a Dio sono le uniche lettere d’amore che si dovrebbero scrivere. Sono presuntuosa a dire che possiedo troppo amore per darlo a una persona sola? Chissà se la gente imparerà che l’amore per la persona reca assai più felicità e buoni frutti che l’amore per il sesso, e che questo priva di linfe vitali la comunità degli uomini? “(Diario, 9 ottobre 1942)

Etty ci insegna che bisogna amare l’altro per come vuole essere amato e non per soddisfare il proprio vuoto. Ha sempre pensato con il cuore, non si è mai arresa agli orrori della vita, ma ha continuato a sorridere fino alla fine, quando è salita sul vagone merci cantando.

Consiglio a chi ne rimarrà affascinato di leggere anche le sue Lettere (1942 – 1943).

Di Martina Barbieri.

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