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LE PAGELLE DEL TOUR DE FRANCE 2015

Lunedì, 27 Luglio 2015 12:02

Con il trionfo di Chris Froome, si è concluso ieri il Tour de France 2015. Ripercorriamo le tre settimane di corsa con le pagelle dei protagonisti.

CHRIS FROOME (SKY): 9

 

Il Tour era stato disegnato con l'intento di prenderlo allo scoperto, con l'assenza di crono e la prima settimana di "classiche", eppure Froome il Tour lo ha vinto proprio nella prima settimana. Mentre tutti gli altri pretendenti al gradino più alto del podio incappano in forature, cadute e ventagli (per sfortuna, ma anche per distrazione), il keniano britannico, non solo si salva da tutte le insidie, ma riesce anche a guadagnare parecchio sui rivali. Supportato per l'intera durata del Tour da una squadra semplicemente perfetta, Froome piazza l'assolo alla prima salita dei Pirenei a La Pierre Saint Martin, staccando tutti e ipotecando la vittoria. Fatica tremendamente sull'Alpe d'Huez, ma il lavoro dei compagni per lui è encomiabile permettendogli di festeggiare sugli Champs-Élysées il suo secondo trionfo alla Grand Boucle, primo britannico a riuscire nella doppietta.

 

NAIRO QUINTANA (MOVISTAR): 7,5

 

Con i se e con i ma il Tour non si vince. Il colombiano lo sa e si starà probabilmente mangiando le mani. Rimane quasi sempre nascosto per tutta la corsa, attacca solo nel finale della tappa vinta da Nibali a La Toussuire e sull'Alpe d'Huez, recuperando due minuti a Froome e dimostrando che quando la strada sale il più forte è lui. Per uno scalatore puro come lui, la prima settimana doveva essere la più difficile e infatti è uscito dalla tappa di Zelande con 1'28'' di ritardo per un ventaglio. A conti fatti si potrebbe dire che il Tour lo ha perso lì, ma in realtà, visti anche gli attacchi già citati, il vero rimpianto per Quintana (e per una Movistar troppo attendista) è stato quello di non aver attaccato di più la maglia gialla, cercando magari di isolarla con il supporto di una squadra comunque in grande forma. A lui va comunque il merito di aver tenuto aperto un Tour che, già abbastanza noioso, avrebbe rischiato di farci addormentare.

 

ALEJANDRO VALVERDE (MOVISTAR): 8

 

Il modo con cui si è lanciato, ogni volta, all'inseguimento di Vincenzo Nibali probabilmente non lo ha reso simpatico ai tifosi italiani, ma guardando la classifica generale, con il siciliano arrivato ai piedi del podio, non si può non dare ragione a quella vecchia volpe di Valverde. Lo spagnolo, partito come luogotenente di Quintana, è sembrato spesso più interessato alle proprie ambizioni di classifica che a quelle del compagno. Quando però c'è stato davvero bisogno del suo apporto sull'Alpe d'Huez, El Embatido ha imbastito un attacco perfetto per fare da trampolino al colombiano, meritando applausi e soprattutto riuscendo a raggiungere il podio al Tour, risultato mai ottenuto nella sua lunga carriera.

 

vincenzo nibali (Astana): 7,5

 

Le aspettative su Vincenzo erano troppo alte. Molti durante l'anno hanno descritto il successo di Nibali del 2014 in tono minore, per via del ritiro di Contador e Froome, sostenendo anche che il siciliano non sarebbe riuscito a tenere il passo dei migliori quest'anno. Lo hanno detto talmente in tanti e talmente spesso, che alla fine sono riusciti a scalfire la sicurezza di Nibali. La pressione nella prima settimana è troppa e, per via anche della sfortuna (un ventaglio, una caduta, una foratura), il ritardo in classifica si fa già importante. Il problema non è la condizione fisica, lo Squalo vince infatti il numero rosso del più combattivo nella tappa di Cambrai, quella del pavé. Il problema è nella testa. Arriva la prima salita pirenaica e Vincenzo cede 4'25'' a Froome. Qui scatta qualcosa in Nibali, che si scrolla di dosso la pressione, ritrova la gamba migliore e cerca quasi sempre di attaccare per recuperare terreno. La vittoria a La Toussuire è un capolavoro d'altri tempi (al di là delle polemiche, inutili), con 58 km di attacco solitario e il balzo in classifica fino al quarto posto. Non è stato il Tour che si aspettava Nibali, né i tifosi, ma ha saputo comunque dimostrare che può stare tranquillamente con i più forti, dopotutto non è un caso che dal 2009 il siciliano non sia mai andato oltre il settimo posto in classifica a tutti i grandi giri a cui ha preso parte.

 

 

ALBERTO CONTADOR (SAXO-TINKOFF): 5

 

L'impresa tentata da Contador è probabilmente impossibile nel ciclismo di oggi. La caratura del campione si vede anche però dalla voglia di provare a scrivere pagine indimenticabili di sport e l'accoppiata Giro-Tour avrebbe consacrato definitivamente lo spagnolo come uno dei più grandi di sempre. Il problema per lo spagnolo è che non è mai parso all'altezza dell'impresa, mai nel corso delle tre settimane lo si è visto all'attacco o in grado di rispondere ai rivali. Chiude al quinto posto della generale, ma l'impressione è che abbia osato troppo per quelle che sono le sue possibilità attuali. Forse avrebbe dovuto tentare qualche anno fa.

 

PETER SAGAN (SAXO-TINKOFF): 8,5

 

Come si fa a non voler bene a Peter Pan Sagan? Certo, gli si può rimproverare di essersi fatto sfuggire una vittoria quasi scritta nella tappa con arrivo a Gap, ma non c'è stato un giorno in cui il ciclista slovacco non abbia dato spettacolo sulle strade del Tour de France. Sul pavé, in salita, in discesa, come gregario di Contador, in volata, a cronometro, non c'è un momento in cui Sagan non faccia divertire il pubblico. Un'infinità di piazzamenti e tante giornate in fuga (tre di fila!) gli hanno permesso di arrivare a Parigi con la maglia verde della classifica a punti cucita addosso per il quarto anno consecutivo. Non serve aggiungere altro.

 

ANDRé GREIPEL (lOTTO SOUDAL): 9

 

Semplicemente mostruoso. Dopo la prima vittoria a Zelande, tutti i velocisti hanno ben chiaro quale sia la ruota da cercare per le volate. Alla fine per il tedesco le vittorie saranno 4, compresa la più prestigiosa a Parigi, arrendendosi solo una volta a Mark Cavendish. Purosangue della velocità, è stato il dominatore degli ultimi 300 metri, schiacciando rivali di tutto rispetto come Dekengolb, Cavendish, Kristoff e Sagan.

 

romain bardet (ag2r la mondiale): 7

 

Era una delle grandi speranze francesi, dopo il buon Tour dello scorso anno, ma nei primi giorni la condizione è ben lontana da quella del 2014. Il merito del francese è quello di non scoraggiarsi e di cercare di risollevare le sorti del suo Tour de France con tutte le forze. Tenta la fuga più volte e alla fine si prende la 18a tappa con arrivo a Saint Jean de Maurienne, staccando i compagni di fuga sul Col du Glandon e continuando l'attacco solitario con un numero in discesa, degno dei grandi campioni. Indossa anche la maglia a pois, che poi però gli porterà via Froome. Chiude con un nono posto comunque dignitoso, ma siamo sicuri che nei prossimi anni lo vedremo lottare per il podio con regolarità.

 

thibaut pinot (Fdj): 7

 

Nella prima tremenda settimana, tra cadute, fratture e ritiri, la palma di più sfortunato probabilmente la merita Thibaut Pinot. Lo si è visto imprecare all'ennesima foratura, quasi scoraggiato dalla sorte avversa, lui che partiva con ambizioni di classifica dopo il terzo posto dello scorso anno e la vittoria della maglia bianca. Vale però per lui lo stesso discorso fatto per Bardet. Il futuro del ciclismo francese è il suo e lui fa di tutto per dimostrarlo. Attacca sempre, cerca di salvare il Tour con una vittoria e alla fine la trova proprio nel giorno più atteso. Si prende l'Alpe d'Huez con un attacco studiato a tavolino, inscrivendo il suo nome nella storia di questo sport.

 

joaquim rodriguez (Katusha): 7,5

 

Sembrava un Tour disegnato per Purito, vista l'assenza di cronometro, ma evidentemente le 37 primavere cominciano a farsi sentire. Lo spagnolo esce quasi subito di classifica e alla lunga si spegne, non riuscendo più a difendere la maglia a pois. Tuttavia firma due successi prestigiosi, prendendosi la vittoria sul muro di Huy, dove aveva già vinto una Freccia Vallone nel 2012, e poi con il trionfo a Plateau de Beille dopo la fuga e staccando sull'ultima salita due avversari insidiosi come Fuglsang e Bardet.

 

 

Sarebbero tanti altri i corridori degni di una menzione, da Gesink a Thomas, a Geschke, a Cummings, a Plaza Molina. Ma vogliamo chiudere con un bel 10 a tre corridori che hanno messo in mostra l'essenza del ciclismo, fatta di passione, sudore, fatica e tanto dolore. Diamo un 10 a Thomas De Gendt, che nella tappa di Huy rimane coinvolto nella maxi caduta e si frattura una costola, ma stringe i denti e riesce a trovare perfino le energie per tentare più volte l'attacco in fuga e giunge a Parigi da vero eroe. Diamo un 10 ad Adam Hansen, che cadendo nella seconda tappa ha rimediato una dislocazione della spalla, è andato più volte vicino al ritiro, ma è stato più forte del dolore e ha concluso il dodicesimo grande giro consecutivo. Diamo infine un 10 a Jean Cristophe Peraud, che è stato vittima di una bruttissima caduta nella 13a tappa, ed è riuscito a concludere la tappa nonostante le ferite e il body completamente strappato, e nei giorni successivi è riuscito a continuare la corsa fino a Parigi, pur impiegando circa mezz'ora la mattina per vestirsi a causa delle ferite e dei dolori. Tra accuse e sospetti, tra scandali passati e dubbi presenti, sono anche e soprattutto questi gli eroi del ciclismo.