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Musica

In the Grove #12: il fingerstyle de Lo Spinoso.

Mercoledì, 15 Luglio 2015 00:55

Lo Spinoso presenta La mia nuova vita leggera (Full album, 2014), e si tratta proprio della sua vita, senza troppi veli. 

Ad accompagnare i suoi pensieri un sound accorto, gentile, reso con uno splendido fingerstyle che attinge direttamente dal folk e country di un’America vissuta, lontana dai riflettori. Scrive in italiano, perché non ha paura, canta la sua vita, con cui ha già fatto i conti, suona ciò che sente, perché non potrebbe fare altrimenti.

 

Ti esibisci con diverse formazioni, solo, duo o trio. Come mai, sperimenti?

No, in realtà il mio è un progetto solista. Poi dopo circa un anno volevo espandere la formazione, riportando anche live gli arrangiamenti registrati nell’album. Allo stesso tempo non volevo necessariamente seguire pedissequamente tutti i suoni presenti nel disco: ho sempre subìto un discreto fascino per il contrabbasso, mi piaceva lo scenario che avrebbe creato, diversamente dal folk italiano, rimanda alle atmosfere d’oltreoceano. La formazione Duo/trio dipende dalle esigenze contingenti del concerto, piuttosto che da una scelta artistica.

Hai un discreto seguito locale. Cosa pensi ti impedisca di uscire dalle porte di Roma e provincia?

Al momento sono un’artista autoprodotto, essendo tale non ho un’etichetta, un booking e un manager professionisti. Ho delle persone che mi aiutano, ma fondamentalmente sono solo, oltre ad essere molto rigido personalmente: non sono una persona che si autopromuove molto, mi piace che venga coltivato un interesse spontaneo nel progetto.

Brani originali d’impatto, ottima lirica, prima di un musicista ti senti un cantautore?

No, le parole servono alla musica quanto la musica serve alle parole, quindi no, non mi penso come un cantautore.

Pensi ci sia abbastanza spazio e sensibilità per la tua musica oggi?

Lo spero (ride, nda). Sicuramente sono molto poco paraculo sia dal punto di vista lirico che musicale. E’ difficile, ho sempre cercato negli anni passati una mia identità musicale, che all’ascolto potesse piacere o meno, ma che fosse ben definita. Scelgo di essere fedele a me stesso, di fare ciò che sento, che mi rappresenti, senza alcun tipo di vincolo: suonare live è prima un’esigenza personale, e poi un lavoro. Esibirsi davanti a un pubblico significa denudarsi, nei grandi numeri forse non se ne ha percezione ma nei piccoli numeri c’è chi si accorge se indossi una maschera.

Non credi sia una questione d’attenzione?

Si e per questo non posso aspettarmi di arrivare a tutti, sarebbe innaturale, preferisco arrivare a pochi ma arrivare, ma arrivarci attraverso un percorso spontaneo, vero.

No a Spotify ma si a Youtube: cosa pensi della distribuzione iper-democratica odierna?

La mia nuova vita leggera, è un disco frutto di un percorso privato, intimo. L’ho registrato così come lo volevo, suonando tutti gli strumenti personalmente, è stato un lavoro molto sentito e confidenziale, ma era  autoprodotto, non avevo un’etichetta. Quindi l’ho messo su Youtube per farlo ascoltare, senza curarmi troppo se arrivasse o meno. Ma volevo che lo ascoltaste, o almeno ne aveste la possibilità, tutti. Sicuramente oggi ascoltare musica è molto più facile rispetto a qualche anno fa, ma è anche molto più dispersivo, privilegiando un tipo di scrittura più facile e immediata, ma che non mi appartiene.

Libri e velleità letterarie: c’è uno scrittore che senti vicino a te?

No, anzi non penso proprio di avere velleità letterarie. Scrivo ciò che sento, che ho sentito. Il disco è stato scritto in un anno e mezzo in un momento in cui avevo la necessità di fare altro musicalmente rispetto a quello che stavo facendo, ero stufo. Quindi ho preso tutto quello che sapevo, tutto il mio background e l’ho messo da parte, ho iniziato daccapo, dal fingerpicking. Sono stato più affine al country americano che alla musica cantautorale italiana, ma volevo usare la mia lingua. 

In tutta La mia nuova vita leggera ti sei esposto personalmente moltissimo: quanto ti è costato metterti così a nudo?

Tanto (fa un respiro profondo, sentito, nda), costa tanto. L’ho fatto in maniera un po’ ingenua, ma del tutto spontanea. Oggi alcuni pezzi non li suono più, perché non li sento più, e non avrebbero la stessa efficacia comunicativa. Se non sento non trasmetto, se non trasmetto non sono vero, se non sono vero non mi piaccio e quindi non posso pretendere di piacere agli altri.

“Così le abbiamo chiuse in bottiglie e lasciate in mare per chi verrà”, quella che volevi dare è una lettura personale o sociale?

Era una lettura personale: spesso si fanno una serie di buoni propositi a livello relazionale tra due persone, soprattutto se le cose non vanno proprio bene, ci si promette di cambiare, di migliorarsi, ma poi effettivamente non lo si fa. Mi piaceva l’idea di buttarli in mare, perché tornassero a qualcuno, forse proprio a chi l’aveva gettate.

Quando hai iniziato a capire di essere un Grande Piccolo, “tutti simili, nel modo peggiore di essere simili, e lucidi per capire”?

Ho anticipato la crisi dei 30 anni ai 28, una presa di coscienza della mia situazione, delle scelte che mi ci avevano portato. Avevo smesso di suonare, non mi piaceva più, non mi interessava, poi la crisi si è risolta. In maniera positiva.

Frammenti è pazzesca. Quando l’hai scritta?

A 28 anni (ride, nda).

Tutto l’album ha un’atmosfera malinconica ma non noir, è, anzi, gentile. E’ stato naturale o sei dovuto ricorrere a delle accortezze?

A livello musicale, si, ho prestato molta attenzione all’atmosfera. E’ stato un lavoro abbastanza lungo, alcuni pezzi inizialmente li suonavo in maniera molto diversa, anche se oggi riascoltandomi penso di aver prodotto un lavoro un po’ presuntuoso. Ma ho dovuto e voluto addolcire gli arrangiamenti.

In O Modestia canti “Nella guerra degli ultimi il penultimo è l’esempio di chi può sentirsi meglio anche stando peggio”. Pensi davvero siamo più inclini a guardarci indietro e non avanti?

Si, la maggior parte si. L’ho scritto pensando allo scambio che c’è tra i musicisti emergenti qui a Roma, una sorta di guerra delle formiche. Ci stiamo distribuendo le briciole, la torta è finita, e tutti vogliono dimostrare di essere meglio dell’altro con la paura che possa toglierti visibilità, è l’invidia del prossimo portata alla guerra dei poveri. Accuso molto questo rapporto tra musicisti, è un atteggiamento che proprio non condivido. Se si sale di livello, anche di poco, si riesce a godere della musica e della bravura altrui.

Album in arrivo?

Si, ma non ho ancora una data, diciamo prossimamente.

Me la metti O Modestia dentro, si?

Assolutamente si.

Ti piacerebbe collaborare con qualcuno?

Si con Emanuele Colandrea e con i Testa in tasca, stimo entrambi moltissimo.

 

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