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Musica

Black Mirror: dietro lo specchio della colonna sonora

Giovedì, 22 Dicembre 2016 08:48

Una varietà di artisti e atmosfere per questa terza stagione della serie approdata su Netflix: scopriamone, episodio per episodio, le tracce più significative. 

La tecnologia tra realtà e fantascienza, tra sogno e incubo. Black Mirror, serie britannica creata da Charlie Brooker nel 2011, ci ha abituati a riflessioni pregne di inquietudine e provocazioni al limite dell'horror sul tema del nostro rapporto con la tecnologia che avanza e le sue conseguenze. Non delude le aspettative con questa terza stagione, valorizzata dalla piattaforma Netflix e da un livello qualitativo ineccepibile, nonostante il raddoppiamento del numero degli episodi rispetto alle passate stagioni.

Se, come da ogni buona serie antologica, ogni puntata rispetta temi e atmosfere sempre diverse, la colonna sonora non è da meno: diversi compositori hanno infatti partecipato alla creazione di una soundtrack che, pur non essendo omogenea, ci fa immergere completamente nel mondo disturbante di questa serie tv.

Si parte da Max Richter e la delicatezza quasi soffocante del tema di Nosedive, che rispecchia l'ambizione della protagonista a trovare un posto in un mondo dove essere recensiti positivamente è quotidiana ambizione. Richter mette in campo tutte le sfumature di questo tema, per esplodere poi con un trionfo di musica e suoni delle notifiche dei cellulari in The Journey, Not The Destination.

I due episodi centrali, Playtest e Shut Up and Dance, portano una nuova prospettiva rispettivamente nel mondo sempre più reale del videogioco e in quello dei ricatti online (tema estremamente attuale). Si distinguono, in particolar modo, le tracce finali di ognuna di queste storie: dove Playtest finisce con Mama Like the Roses, di Elvis Preasley, Shut up and Dance termina con una cupissima Exit Music (For a Film) dei Radiohead: pur con le dovute differenze, il punto di queste scelte musicali sta nel fatto che, per quanto si possa scappare lontano, le nostre scelte ma soprattutto le nostre azioni tornano a farci più male di prima.

Anche Geoff Barrow e Ben Salinsbury, membri dei Portished e già compositori per Ex Machina, ci catapultano in un atmosfera distorta per l'episodio Men Against Fire. Qui bassi incalzanti e suoni stridenti accompagnano un episodio in cui la realtà della guerra viene piegata ad esigenze che solo la guerra stessa puo' comprendere: pertanto ci abbandoniamo all'oblio con Sleep, ci risvegliamo attoniti rispetto alla realtà che ci circonda con Understanding, torniamo a voler sognare ed illuderci, ignari dell'agghiacciante verità, con Dream Reality.

Clint Massel ci porta invece nella splendente San Junipero, un vivido sogno dove scegliere un'era e viverla fino in fondo. Anche se sono le canzoni anni '80 e '90 a farla da padrone, una su tutte Heaven is a Place on Earth di Belinda Carlslile, Massel va a sottolineare le atmosfere dolci amare di questo episodio, concentrandosi sui sentimenti delle due protagoniste principali: Life Eternal è una piccola ballata per le due amanti, che decidono di vivere insieme una seconda esistenza nell'eterna San Junipero, descritta perfettamente dalla title track, un equilibrio di suoni squillanti e altri più scuri, proprio come questa città dove tutto il divertimento sembra essere velato da una certa malinconia, inscindibile da tutto il resto.

Veniamo quindi all’ultimo episodio, il lungo Hated in the Nation. Il lavoro di Martin Phipps, curatore di questa original score, è quello di impregnare l’aria di un pericolo non percepito in quanto tale, farci sentire una minaccia che nasce come gioco su Twitter e si trasforma in una potente arma a doppio taglio. L’odio viene da qualsiasi parte e si trasforma in musica in The Sound of Hate, in cui il suono dei progressivi passi ci avverte che non siamo al sicuro in alcun luogo. Arriva quindi Fall Into Me, in cui la voce dolce di Alev Lenz ci accompagna in quell’orrore causato da un gesto semplice, quello di manifestare il proprio disprezzo premendo un semplice pulsante, non pensando alle conseguenze, non a caso parola chiave di tutto l’episodio.

Anche se risulta difficile dare un giudizio omogeneo rispetto a una serie che gioca la sua particolarità nel fornirci chiavi interpretative sempre diverse da episodio ad episodio, queste rispettive colonne sonore in definitiva rispecchiano appieno lo spirito della serie e quello che è il suo intento fin dal titolo: guardare il nostro riflesso, nel nero del nostro schermo alla fine di ogni puntata, e scoprire che gli eccessi a cui abbiamo appena assistito potrebbero essere i nostri, che ne abbiamo le capacità, ma che dovremmo anche averne il giusto timore.

Giorgia Cassiero