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Musica

Intervista "rubata" ai Destrage

Venerdì, 12 Dicembre 2014 20:17

Roma, 7 dicembre 2014. Alle ore 19.45 vengono aperti i cancelli del Traffic Club. Questa sera in programma c’è la decima data del tour europeo dei Protest the Hero con Safety Fire e Contortionist. Ma io sono qui per la quarta band in manifesto stasera, l’unica italiana: i Destrage. Band technical metal di Milano, orgoglio italiano all’estero, grazie ai molti pareri favorevoli riscossi con i loro album, e incaricati nell’arduo compito di aprire il concerto e scaldare il pubblico. 

Una volta entrato mancano circa 20 minuti all’inizio del concerto e mi avvicino al banco merchandise  delle band dove c’è Matteo Di Gioia, chitarrista dei Destrage. Mentre gli stringo la mano e mi congratulo con lui per tutto il loro fantastico lavoro, arriva anche Gabriel Pignata, il bassista. Mi rendo conto di dover cogliere l’attimo e gli chiedo la possibilità di un’intervista, temendo di disturbarli. Con una cordialità assoluta, arraffano due sgabelli e birre alla mano parte l’intervista.

Partiamo con qualche domanda di rito: il nome Destrage come è nato ?

Prima o poi ci inventeremo una storia interessante per il nome, ma la desolante verità è che non significa niente. Eravamo ragazzini e cercavamo un nome breve che non richiamasse nient’altro. Sembra sia stata buona come scelta (Matteo)

Quando vi siete formati come band ?

A noi piace pensare che la band che conoscete con la line-up corrente si sia formata dal 5 maggio 2007, con l’ingresso di Gabriel. Però prima, dal 2005 circa, io e Paolo (il cantante) cambiavamo parecchi musicisti ed era abbastanza frustrante, anche perché i primi pezzi facevano cagare…. (Matteo)

Parliamo del vostro ultimo album, Are you kiddin me ? No. Questo ampliamento di genere, dal technical thrash metal ad un inclinazione più jazz e djent è magari spinto da nuovi studi e ascolti ?

Beh è un piatto che diventa sempre più ricco perché siamo sempre più curiosi e famelici, ci viene così naturale scrivere in questo modo…(Matteo)

…anche perchè negli anni ascolti così tante cose, spesso diverse tra di noi, che scriviamo ognuno con la propria influenza per poi fondere le varie inclinazioni  (Gabriel)

Qualche idea per il prossimo album?

Per adesso non abbiamo idee specifiche, ma dovremo pensarci a breve... (Gabriel)

Siamo in quella fase disordinata in cui si raccolgono le idee per poi dopo andare a raccogliere ciò che c’è di buono (Matteo)

Siete contenti del fatto che all’estero avete molta più risonanza rispetto che in Italia, nonostante abbiate uno zoccolo duro di fan nostrani ?

Io non saprei paragonare le due situazioni, perché abbiamo alle spalle almeno 4 anni di vari tour con tante date e quindi un terreno vasto su cui aver potuto coltivare in Italia. All’estero tanti buoni pareri ma per adesso si limitano a pochi concerti a cui partecipiamo. Questo è il primo tour europeo e ha degli ottimi pareri sulle webzine, ma a livello di riscontro popolare non lo sappiamo bene ancora…(Gabriel)

Per il momento  eravamo contentissimi di tornare a casa a suonare, perché sapevamo che ci saremmo divertiti un casino e che saremmo stati bene. Ma anche le altre band erano molto contente di arrivare in Italia, perché il pubblico è caldo (Matteo)

Noi perché è casa nostra, loro perché non sanno com’è davvero. Hanno un immagine molto da stereotipo (Gabriel)

Quante altre birre vi scolerete dopo?

Purtroppo poche perché ripartiamo subito per il tour, dato che abbiamo tutte date consecutive in Germania, Austria, Svizzera e Francia. Quindi… BEEEEEP (Gabriel)

L’intervista finisce tra le risate, ci salutiamo e vanno alla volta del placo. Dieci minuti dopo sale la band al completo anche di Paolo Colavolpe (cantante), Ralph Salati (chitarrista) e Federico Paulovich (batterista) .Con mio grosso rammarico viene concesso loro uno spazio di soli trenta minuti, ma sufficienti a far esplodere il loro sound massiccio e ipertecnico. Solo sei brani, estratti dagli ultimi due album, per dimostrare ancora una volta la loro bravura e fomentare il pubblico, che al secondo brano già scapocciava e saltava per il Traffic Club. La conclusione della scaletta la affidano a “My Green Neighbour” dall’ultimo album e alla loro ormai classica “Double Yeah” con cui hanno fatto cascare l’intero locale tra spallate, urla e fomento generale. 

Alla fine della loro performance mi risuonano in testa le parole della loro Jade’s Place :

 “So you really motherfucker gonna fuck with me ?.. Every dude wants to be the king, but they don’t know…” 

Beh questi ragazzi sono dei veri re sul palco !

 


il tour dei Destrage insieme a Protest the Hero, Safety Fire e Contortionist